“Perché mio figlio fa così? Come gli è saltato in mente? A volte non riesco proprio a capirlo…”
Quale mamma o papà non si sono mai posti queste domande nel corso del loro faticoso “lavoro” di genitore? Altresì è possibile porre la stessa domanda agli insegnanti che ogni giorno a scuola si confrontano col comportamento dei propri allievi. Se la risposta a queste domande in molti casi può essere facilmente individuata è altrettanto vero che in altri risulta arduo scoprire le motivazioni sottostanti i comportamenti del bambino, soprattutto se egli non ha ancora pienamente acquisito adeguate abilità comunicative necessarie ad esprimere i propri bisogni. Ne sono un esempio i bambini in età prescolare o i bambini con disturbo dello spettro autistico o disabilità intellettive che non hanno ancora sviluppato sufficienti abilità linguistiche.
Da ciò possono derivare delle azioni che non hanno uno scopo apparentemente comprensibile agli occhi di chi assiste. Il bambino che improvvisamente picchia il fratellino mentre giocano, o l’alunno che tutt’ad un tratto lancia i colori a terra nel bel mezzo di una lezione, o ancora il bambino che al supermercato scappa via improvvisamente dalla mamma.
Per spiegare qual è la ragione per cui un comportamento si manifesta e si mantiene in vita è necessario far riferimento a due concetti: l’apprendimento del comportamento e il rinforzo.
Ci sono tre fattori che possono influenzare l’apprendimento di un comportamento:
- Modeling (imitazione): il bambino può osservare un suo coetaneo agire in un determinato modo. Può constatare se il comportamento del suo amico o compagno di scuola ha ottenuto il risultato voluto e può aderire a tale modello se risulta un modello vincente.
- Comportamento governato da regole: un comportamento può essere determinato in base al tipo di istruzioni verbali o autoistruzioni che l’individuo si dà o da una prescrizione che organizza il comportamento da attuare.
- Comportamento governato da contingenze: ovvero i segnali che attivano un comportamento e gli esiti che ha sull’ambiente. Le conseguenze che permettono al bambino il raggiungimento dello scopo ne aumentano anche la possibilità che egli la prossima volta attui nuovamente quel comportamento perché ne ha constatato l’efficacia.
Il rinforzo invece è definito come quell’evento conseguente al comportamento che aumenta le probabilità che il comportamento appena agito si ripresenti in futuro.
Mettiamo caso che Marco, a passeggio con la mamma, passi da un’edicola e veda le figurine dei calciatori che gli piacciono tanto. La prima volta chiederà alla mamma di comprargliele, e magari la madre lo accontenterà. La seconda volta e la terza anche. La quarta la mamma esausta delle richieste sistematiche di Marco negherà l’acquisto. A quel punto Marco sa che la richiesta verbale non è più efficace e dovrà modificare il comportamento per ottenere ciò che vuole. Magari dopo un po’ inizierà a piangere e se la madre a quel punto cederà, Marco avrà imparato ad attuare quel comportamento perché risulterà più efficace. Molto probabilmente le prossime volte se la mamma di Marco dovesse negare la richiesta del figlio anche davanti al pianto il bambino potrebbe accentuare il comportamento o potrà iniziare, per esempio, a buttarsi a terra scalciando.
Le funzioni del comportamento
Generalmente quando si parla di funzioni del comportamento si fa riferimento a comportamenti problematici in bambini con disturbi del neurosviluppo. Tuttavia è possibile applicare un’analisi anche in molti esempi della vita quotidiana di bambini normotipici. Nella maggior parte dei casi è possibile classificare le funzioni del comportamento in quattro grandi categorie:
- Richiesta di attenzione
- Ottenimento di un oggetto preferito o di un’attività piacevole
- Evitamento e fuga da una situazione avversativa (spiacevole)
- Stimolazione interna (il comportamento soddisfa dei bisogni sensoriali nel bambino)
Come individuare le funzioni del comportamento
Per indagare le funzioni del comportamento ci sono alcuni strumenti a disposizione dei professionisti e delle figure genitoriali che possono aiutare a comprendere meglio lo scopo di un comportamento.
Il principale strumento è l’Analisi Funzionale del Comportamento o analisi ABC. La sigla ABC deriva dall’inglese “Antecedent, Behavior, Consequence” che tradotto in italiano vuol dire “Antecedente, Comportamento, Conseguenza”. Questa sigla descrive l’interazione tra l’individuo e l’ambiente dove l’antecedente è lo stimolo o il segnale che precede la risposta comportamentale (es. le figurine che Marco vede in edicola), il comportamento è l’azione che l’individuo mette in atto e la conseguenza è la risposta ambientale che ne deriva dal comportamento.
Vi sono vari strumenti utilizzati per raccogliere i dati e vari tipi di Analisi del comportamento. La modalità più utilizzata, soprattutto in fase inziale di indagine, è l’Analisi del comportamento descrittiva. L’analisi descrittiva si serve di un foglio di registrazione di tre colonne, ciascuna delle quali indicante gli antecedenti, il comportamento e le conseguenze. Ogni riga costituisce una catena comportamentale, dove l’ultima colonna (conseguenze) diventa l’antecedente della seconda riga, andando a costituire l’inizio di una nuova sequenza.
Facciamo l’esempio di un evento che senz’altro sarà capitato almeno una volta alle insegnanti o ai genitori: la richiesta al bambino di eseguire un compito.
In questo frangente appare ipotizzabile che la funzione del comportamento sia quella di evitamento del compito, e in effetti Marta viene rinforzata nel suo comportamento dalla rinuncia da parte dell’insegnante a farle eseguire l’esercizio. In questa situazione il comportamento di Marta è teso all’evitamento di una situazione spiacevole come potrebbe essere quella del compito.
Proviamo con un altro esempio:
In questo caso, che in famiglia o in classe sarà capitato molte volte e in varie declinazioni, si può ipotizzare che la funzione del comportamento sia la ricerca di attenzione del bambino. Infatti, la non risposta della mamma fa sì che Luigi agisca in modo da attirare l’attenzione. Non importa se in maniera positiva o negativa, l’importante è ricevere una qualche forma di considerazione da parte della figura materna.
Come osservare un comportamento e come raccogliere dati iniziali
Nel linguaggio di tutti i giorni, è frequente che un genitore o un insegnante quando si parla del comportamento del proprio figlio, del proprio alunno e di un bambino in generale esordisca affibbiandogli un aggettivo o un’espressione colloquiale che non fornisce una descrizione oggettiva di ciò che fa il bambino ma che ha a che vedere col giudizio che la persona esterna attribuisce: “è una peste, è tranquillo, mi fa penare, è un amore, è timido, è un asociale, è bravissimo”.
Queste descrizioni possono fornire un’approssimazione veloce ed economica del comportamento di un bambino ma sono pur sempre soggettive poiché risentono del sistema di valori e norme individuali che appartengono a chi descrive in quello specifico momento. Per poter lavorare sul comportamento è necessario considerare come si manifesta precisamente e oggettivamente. Perciò l’essere descritto come “prepotente” potrà essere specificato descrivendo che “martedì Luca ha strappato dalle mani del fratellino un giocattolo senza chiedere il permesso. Il fratellino ha proteso la mano verso il giocattolo e Luca gli ha dato uno scappellotto, si è alzato in piedi, ha sorriso e saltando sul pavimento ha esclamato che da ora in poi il giocattolo era suo”.
Questo modo di descrivere il comportamento, detto operazionalizzazione, è meno equivocabile e più oggettivo e rende chiare le condizioni ambientali entro cui si verifica, le modalità e anche l’intensità. È possibile anche poter pensare a un programma di gestione del comportamento più efficace e mirata. Nell’esempio di Luca si potrebbero insegnare al bambino delle abilità comunicative più funzionali, sostenerlo nella tolleranza alla frustrazione e premiarlo per ogni comportamento alternativo a quello problematico che manifesta.
Ci sono delle domande guida che possono aiutare a fornire una prima fotografia di come si esprime un comportamento problematico e a rilevare se ci sono delle costanti che ne favoriscono la comparsa:
- Quando ha iniziato a manifestarsi questo comportamento?
- In che contesto? ovvero in quale circostanza o ambiente o momento
- Con che frequenza? ci sono comportamenti che si distribuiscono in tutta la giornata e altri che aumentano di frequenza in determinati momenti, per esempio prima o dopo la scuola, prima o durante i pasti o prima di andare a dormire. Se sono meno frequenti nel giorno o nella settimana sarà più facile individuare le circostanze che potrebbero influire sul comportamento. Il verificarsi di un attacco di panico solo prima di andare dal medico a fare le analisi del sangue è diverso da un attacco di panico che si verifica in più momenti nella stessa giornata.
- Con che intensità e durata? quando si parla di intensità, diventa difficile esprimere quantitativamente o numericamente un comportamento. Solitamente allora si costruisce una scala dove gli estremi sono rappresentati dalle intensità maggiori e minori in assoluto con cui un comportamento si è verificato nella storia di un soggetto.
- Alla presenza di quali persone si verifica il comportamento?
- Si verifica alla presenza di antecedenti e conseguenti già rilevati? esiste una situazione ricorrente già rilevata dai genitori che favorisce l’insorgere di quel comportamento?
- Ci sono antecedenti in grado di favorire la comparsa di un comportamento inadeguato?
Una volta indagate e individuate le funzioni del comportamento e le circostanze che danno il via e mantengono quel comportamento sarà possibile elaborare un piano più preciso di gestione che avrà come protagoniste delle strategie educative basate sul rinforzo.
Bibliografia
- Carradori, G., Sangiorgi, A. (2017), L’analisi funzionale del comportamento, Trento, Erickson
- Di Pietro, M., Bassi, E. (2013), L’intervento cognitivo comportamentale per l’età evolutiva, Edizioni Erickson, Trento
- by Tiziano Pellegrini
- il Novembre 13, 2020